Pagina:A proposito dei sonetti di Cesare Pascarella.djvu/15

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a proposito dei sonetti di cesare pascarella 7
disdirebbero tra quelli del Belli. Si trovano per via due comari, e chiacchierano tra loro così:

— Oh, buon di e buon anno! come state?
     — Bene; e voi?
                         — Bene.
                                        — Ch’è della brigata?
— Ho la figliuola mia che s’è ammalata.
— Da quando in qua?
                                        — Da poi ch’entrò la state.
— La sarà forse grossa...
                                        — Voi errate,
Ch’ ell’ ha il su’ tempo: a me pare oppilata.
— Io, la mia, quasi l’ho maritata.
— Chi, la Fiammetta? vo’ mi consolate!

— Io prego Dio, che m’aiuti di questa:
Ch’ i’ affogai la Sandra. Mah, pazienza!...
— Andrem noi dunque domani alla festa?

— Gnaffe! non io, ch’i’ho assai penitenza,
Tanti pensier mi scompiglian la testa!
— Tutte siam nate sotto una ’nfluenza!

                    Come sta la Clemenza?
— E fresca e grassa che pare una ladra,
E va, più ch’ell’ andassi mai, leggiadra.

               — No’ saremo una squadra
Ch’andrem, domani, a un prete novello;
Verrete voi?
                    — I’ are’ poco cervello!

                    — Orsù, facciam fardello.
Addio, vi lascio; addio, monna Simona:
Abbiam tanto gracchiato ch’ ell’ è nova!


Del pari si trovano pervia due monellacci: giocano e fan baruffa; altri s’interpongono, e si azzuffano anche loro:


— Dammi ’l mi’ ferro!
                         — Egli è mio!
                                             — Dallo qua!
— Io te l’ho vinto!
                                   — Anzi, me l’hai rubato!