Vai al contenuto

Pagina:Abba - Da Quarto al Volturno.djvu/38

Da Wikisource.

poppa rivolti a lui, ritto lassù che pareva lì per annientarci. E parlò:

«Io sono giovane, ho trentasette anni ed ho fatto il giro del mondo. Sono stato naufrago e prigioniero, ma sono qui, e qui comando io! Qui io sono tutto, lo Czar, il Sultano, il Papa, sono Nino Bixio! Dovete obbedirmi tutti; guai chi osasse una alzata di spalla, e, guai chi pensasse di ammutinarsi! Uscirei con il mio uniforme, colla mia sciabola, con le mie decorazioni e vi ucciderei tutti! Il Generale mi ha lasciato, comandandomi di sbarcarvi in Sicilia. Vi sbarcherò. Là mi impiccherete al primo albero che troveremo; ma — e misurò collo sguardo lento la calca, — ma in Sicilia, ve lo giuro, vi sbarcheremo!».

Viva Nino Bixio! viva, viva, viva! E mille braccia si alzarono a lui, che stette lassù fiero un poco; ma poi impallidì, gli balenarono gli occhi e ci volse le spalle. Dall’alto dell’alberatura i marinai applaudivano. Allora di mezzo a noi si udì la voce quasi fioca d’uno, che ritto su d’una botte, coi capelli e la barba di un biondo scialbo, con una faccia fine e soave, non più giovane nè gagliardo, arringava, annaspando nell’aria colle braccia, parlando di Garibaldi e di Bixio con grandi lodi. Stiamo a vedere, pensai, che Bixio gli scarica addosso una pistolettata. Mi volsi, proprio temendo, ma Bixio non era più sul castello. L’oratore tirò