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ma si tengono compatti e fedeli al Re. Di noi, del continente, di quel che fuori dell’isola si sa sulle operazioni nostre, sulla nostra vittoria, nulla.
Prima di partirsi da noi, quei signori ci vollero baciare, e ci diedero convegno a Palermo, nelle loro case. Benedini dottore tirò fuori il taccuino, e alla luce del fuoco ne volle scrivere gli indirizzi.
— «Che fate? — esclamò uno di loro afferrandogli la mano, — quelle cose lì si tengono a memoria!».
Previdenti i Siciliani, ed esperti nelle cospirazioni.
Nessuno di noi avrebbe pensato al pericolo in cui uno può essere posto, per un indirizzo trovato indosso ad un altro. Terremo a memoria quello di quei signori e li cercheremo; purchè nel ritorno non siano caduti in mano dei regi.
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Il tenente colonnello Tuköry cavalca su e giù per la strada, esercitando un morello, che non tocca la terra da tanto che è vispo. Giovanissimo per il suo grado, quest’ufficiale mi parve l’immagine viva dell’Ungheria, sorella nostra nella servitù. La sua faccia, d’un pallido scuro, è fina di lineamenti e illuminata da un par d’occhi fulminei e mesti. Egli era a quelle battaglie di dieci anni or sono, i cui