Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/233

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fluttuanti; poi il silenzio tornò lugubre. Allora un ufficiale s’appressò ai due condannati; si vide all’atto che strappava ad essi le assise, mentre un altro a cavallo pareva leggere un foglio, forse una sentenza: quindi s’allontanarono e rimasero i preti, i quali bendarono gli occhi agli infelici, poi se ne staccarono anch’essi; e allora s’udì un fragore di molti tamburi e uno squillar di trombe, un nembo di fumo avvolse per un istante quei due; e subito dissipato dal vento, li lasciò vedere a Giuliano distesi a terra...... Si levò dalla finestra collo scompiglio nell’animo; e quasi senza avvedersene, sbattè le imposte e gli scurini in faccia alla luce, che non gli entrasse in camera; adesso che aveva rischiarato l’orribile scena. Poi si buttò sul letto bocconi, e colla faccia contro il guanciale, stette tribolandosi in abissi di fantasmi, di luci stranissime, di deformità chimeriche. Indi a poco, irrequieto come per bevanda che lo turbasse, si levò da giacere, riaperse la finestra, provò un altro desiderio; uscire, andare a una lunga passeggiata, fuori la città: andare, andare dove che fosse, anco lontano fin dove il vento arrivava a soffiare.

Uscì col fare d’un uomo che preso il broncio in famiglia, vada a gironzare per isvagarsi; e discendendo trovò per le scale un tale, che aveva rondinato sulla via, mentre egli era alla finestra a guardare la scena descritta quassù. Costui soffermatosi a fargli largo, si scoperse il capo rispettosamente, e domandollo del suo nome.

«Giuliano.... da D....» rispose il giovane che non badava ad andare sconosciuto; e si fermò anch’egli a figurare quell’uomo, il quale inchinatosi un’altra volta gli disse:

«S’è tanto mutata, da quando non l’ho più riveduta, che penava a ravvisarla. Come vede dalla mia livrea, io servo la eccellentissima marchesa di G...., la quale mi manda a cercare di lei da parecchi giorni, e questa sera la vuole nel suo palazzo.