Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/257

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e di gratitudine alla gentildonna, e a don Marco, che a questa aveva scritto.

«Sì! — sclamò Giuliano — per farmi chiamare fuggiasco, vile, e peggio! Eppure sia benedetta!»

E qui, ricadde a sedere dinanzi a sua madre; e le narrava del viglietto avuto dalla marchesa, del viaggio fatto quasi senza sosta; parlando con certa calma, di cui egli stesso stupiva; non sapendo come l’anima sua si sarebbe ridestata al dolore, non appena dissipata quella sorta di pace, in cui per aver trovata viva la madre, si sentiva tirato. Narrò tristamente, e parlò sempre lui, quasi pauroso di lasciare, tacendo, il posto ad altri pensieri; finchè Marta fatto riporre il cavallo, venne dentro recando la lucerna accesa, perchè si faceva notte.

«Il cavallo — disse essa per non istar lì a fare le accoglienze al reduce peccatore; — il cavallo l’ho fatto legare in disparte, che quelli degli Alemanni non gli possano tirare...»

«Che Alemanni — saltò su a dire Giuliano col sangue a cavalloni; — dunque, nemmeno in casa mia, potrò stare senza costoro tra piedi?...

«Per carità! — disse Marta — che essi non avessero a sentire, sono lì sul piazzale....»

«Giuliano abbi pietà di me! — pregò la signora — ci han dato due uffiziali ad alloggiare; soffri in pace, e se ti volessero salutare, sii buono.

«Non voglio vederli, sono stanco, casco dalla fatica...!»

Così dicendo, Giuliano partì sdegnoso, e senza lume prese la scala che menava alla sua stanza.

Marta sollecita accese una lucerna a mano, e gli tenne dietro; la signora Maddalena rimase ritta un tantino in mezzo alla sala incerta se dovesse seguirlo, o star lì a far buon viso agli Alemanni, se venissero dentro. E siccome questo le parve il meglio, così accostatasi alla porta, si mise ad ascoltare, tremando che essi avessero intese le parole oltraggiose del figlio. I due, tornati mezzi avvinazzati dal banchetto del pievano, erano proprio sul