Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/269

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una martire. Adesso un pèttine di gala raccoglieva quelle sue treccie, altra volta annodate così modestamente; e da esse, impolverate e acconciate, come se Lucifero vi avesse posta la mano, si spiccava un velo bianco trinato, che le scendeva giù pel collo, ornato d’una doppia filza di perle; e lambiva le spalle ignude e belle come d’un torso di quelle statue, che si scoprono scavando le terre del genio e del sole.

Per poco non fu uno scoppio d’applausi. Quei soldati stranieri, usi alle corti, potevano aver veduto qualcosa di uguale; ma i convitati del borgo non avevano visto nulla mai che somigliasse a quella bellezza, la quale si spandeva da tutta la persona di Bianca; e pareva, come una gran luce, ornare di qualche parte di sè fin la più vecchia delle donne, che la circondavano silenziosa e sorridente.

Allora l’Alemanno si fece innanzi, tenuto per la mano dal suo generale; che vecchio ed arzillo, somigliava ad uno sparviero un po’ spennacchiato, che si volesse divorare la colombella che aveva in faccia. Il fidanzato, ricuperata intera la sanità, aveva ripigliata quell’aria altezzosa e fiera, di cui la signora Maddalena s’era sentita turbata, quel giorno che l’aveva incontrato per le scale del signor Fedele. Ma la gioia donde era impresso ogni suo sguardo, ogni suo moto, lo faceva parere men duro; e per Bianca, all’ora che correva, non v’era uomo sulla terra più bello di lui.

Il generale, poichè ebbe detto alla donzella, che facesse stima di vedere in lui il padre dello sposo; pose le loro mani, l’una in quella dell’altro, e pronunziò queste parole, studiate parecchie ore, e mandate a memoria:

«Questa è la prima volta che m’accade una ventura di questa sorta. Signor Barone, se io avessi quarant’anni di meno, e fossimo ai tempi dei tornei, vorrei chiedervi di rompere meco una lancia; adesso non posso che applaudire, e narrare poi quando saremo tornati nel nostro