Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/293

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«Figliuoli, accendete il lume.

«Abbia pazienza un tantino; — rispose uno dei quattro — si finisce la partita e si va via.

«Che tu accenda il lume! — gridò allora arrangolato il padre Anacleto; e colle sue agguantò tre o quattro mani sul tavolino, stringendole come fosse stato con una morsa.

«Gesù Maria! — sclamò quello dei quattro, che era l’autore della crudele pensata: — o vedete il padre!... che cosa ha padre, che i suoi occhi paiono di cristallo?

«Ah! — urlò il frate dandosi due gran palmate nella fronte: — oh! disgraziato a me! correte, chiamate il cerusico, il barbiere, venga padre Anselmo, a cavarmi sangue...., l’ho tutto nel capo, me lo sento come un’otre.... sono cieco!»

E rovesciando panca e scranne, e dalla rapina non accorgendosi dello sbellicarsi che i quattro facevano; si trascinò fino all’uscio, tempestando colpi colle mani e coi piedi, da parere un dannato.

Pei corritoi si sentirono i passi frettolosi dei padri che accorrevano; e un aprirsi di celle, e un interrogarsi da un capo all’altro che fosse; tutta la frateria fu in un baleno sossopra. Ai quattro giovani, cominciarono a tremare le gambe, per lo sbarraglio cui s’erano posti; ma fattisi animo, aprirono la finestra della cella, un dopo l’altro saltarono nell’orto, e all’ultimo mise l’ali un grido selvaggio, del padre Anacleto. Perchè un raggio di lume dal corritoio, si era posato per la toppa sul ventre del frate; il quale capita a un tratto la brutta canzonatura, si volse imbestialito per acciuffare il primo dei ribaldi che gli fosse caduto tra l’ugne. Ma i birboni non v’erano più.... Ahimè! E la frateria affollava l’uscio; la voce del guardiano, chiedeva al padre Anacleto che aprisse; i guatteri, il cellaio, i cuochi, andavano di su, di giù, bracaloni pel chiostro; e si fu appena a tempo di fermare il sagrestano che già entrava in chiesa, per dare nella campana gridando: ai ladri!