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Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/360

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«O che abbiamo, genero, che siamo così annuvolati?

«Nulla! — rispose l’altro; e mettendosi da sè dentro la sala, soggiunse:

«Vorrei parlare colla zia.

«Ma che è avvenuto qualche malanno a Bianca? — gridò il signor Fedele, rimanendo colla lucerna in mano, curvo e colla faccia illuminata di sotto in su malamente: — se è diciamolo a dirittura; che sebbene padre, so accettare dal Signore il bene e il male, e benedire la sua santissima mano!

«Vorrei parlare da solo a sola colla zia:» pregò l’Alemanno.

«Allora passiamo da lei, che è sull’altana con Margherita, a pigliare le infreddature:» disse il signor Fedele un po’ insospettito; e accompagnò il genero attraverso l’andito che metteva in sull’altana. Là, chiamata Margherita, le fece salutare il cognato rispettosamente. Poi lasciò che questi se n’andasse da sè dov’era la zia Maria, e deposta la lucerna in un lato dell’andito, se ne tornò in sala colla figliuola, tutta rimescolata di quel mistero.

Damigella Maria sedeva al suo posto usato, sotto la cupoletta dei luppoli, mesta per certo fruscio di foglie secche, che il vento le faceva sentire intorno. Quel fruscio le parlava dell’inverno; il quale, sebbene non fosse che mezzo settembre, già su quei monti s’annunziava vicino. Oh il tristo inverno che sarebbe stato quell’anno! Non potersi più sedere in quel posto, a udire la gente passare allegra pel vicolo; chiudersi in una stanza a canto al fuoco; udire l’ore scoccate con suono spento, dalla campana coperta di neve; vivere come sepolta viva, e non avere più Bianca! Pensava a queste cose, e già le pareva di patirle tutte; quando udito il passo dell’Alemanno, che veniva a lei, e la voce del cognato che chiamava Margherita, provò non seppe neanch’essa qual contentezza. Questa volta si sentiva il caso di dirgli tutto l’animo suo; egli capitava proprio in buon punto! Se