Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/363

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la mano a Margherita, dandole uno sguardo con cui pareva volersela portar via; strinse anche quella dello suocero ma un po’ lentamente, e senza dir nulla si mise giù per le scale. Trovò alla porta il cavallo abbandonato dal borghigiano, che non parendogli vero di potersi levare la briga di quel focoso animale, l’aveva legato a una campanella lì fuori; montò in sella e partì frettoloso.

Il signor Fedele rivenne dallo stupore in cui l’avevano messo i portamenti del genero, udendo lo scalpitare del cavallo sull’acciottolato della via. Ma mentre si lanciava alla finestra per chiamarlo chi sa con qual grido, si vide dinanzi damigella Maria, venuta in sala a gran fatica; avendo pel turbamento quasi perduta la pratica della casa.

«Ed ecco — sclamò essa, poichè si sentì vicina al cognato; — ecco a che ne siamo colla vostra ambizione!

«Sì — gridò il signor Fedele, guardando a squarciasacco la cieca, e spaurendo Margherita che tremava a verga a verga: — Fatemi le tragedie anche voi, che mi stanno bene! A che ne siamo via, dite?...

«Ne siamo a questo — proseguì damigella Maria — che quella povera sventurata della vostra figliuola, se l’aveste lasciata sposare chi voleva essa, non finirebbe come finirà....

«Tisica; ammazzata o peggio! — urlò il signor Fedele; — capisco! Vi sarà a D..., quel suo giacobino sciagurato, cui Dio mandi tutti i malanni! Ebbene..., se essa avesse osato disonorarmi....

«Cognato! — interruppe la cieca, troncandogli la parola colla maestà dell’atto; e poi dolcemente disse alla nipote: — Margherita, vattene in camera....»

La giovinetta obbedì lagrimosa, e i due stettero zitti finchè i passi di lei furono uditi lontani. Allora damigella Maria ripigliò severa:

«Cognato, io non avrei creduto mai che voi foste tal padre da pensare brutte cose del sangue vostro!

«Io? — rispose il signor Fedele, inarcando le ciglia