Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/406

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Il giovane le copriva di baci la mano; e al lume che di sull’inginocchiatoio le rischiarava di traverso la faccia, la fissò avidamente. Essa mezzo seduta ed appoggiata ad un mucchio di guanciali, gli sorrideva. Le guance smunte, le labbra aride, gli occhi scintillanti, il collo oramai ridotto da non parere più che un viluppo di nervi; non fecero sospettare a lui, quello che a segni men chiari avrebbe indovinato in ogni altra persona: e Marta e Tecla, che stavano lì come a un mortorio, gli parevano due disamorate che volessero fargli paura.

Certo la signora Maddalena si avvide del pensiero del figlio; perchè dolcemente gli disse:

«Me ne voleva andare davvero, sai. Tu sapessi che orribili cose abbiamo sentite oggi! I soldati vennero sin quassù.... Tu non v’eri.... ma ora, ora non voglio più morire. O Marta, datemi la mia veste.... voglio levarmi.... voglio partire.... Giuliano andiamo.... la casetta è quella laggiù? Come è bella! Che fai? E perchè non mi lasci andare?»

Vinta dall’affanno, la povera donna cadde col capo rovesciato sul guanciale, in atto di così stanco abbandono, che allora Giuliano capì a quale estremo si trovasse. Si chinò sopra di lei per dirle qualcosa; ma la parola gli si annodò nella strozza: alzò le mani come per chiedere aiuto a qualcuno di lassù; e toltosi dal letto andò di qua di là per la camera, coll’animo d’uomo offeso da’ suoi simili, dalla natura, da Dio. Lo assalì, misero, la smania di rivolgersi contro sè stesso; e si rampognò di non essersi dato in mano agli Alemanni, un momento prima, che l’avrebbero fucilato sulla soglia di casa sua. Ma lo addolcì la vista di Tecla; la quale fattasi a reggere il capo della signora, gli parve una cosa celeste. Allora egli tornò al letto, e parendogli che sua madre, passato quello smarrimento, mormorasse qualche parola: «o madre — diceva — madre, mi guardi: e perchè non mi ha mandato a dire il suo stato? Che cosa dice, mamma; mi parli, mi dica.