Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/409

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tava a quell’ora, l’aspetto confuso di quella moltitudine; e quando potè sboccare per un rotto del muricciuolo, sul sagrato della chiesa, gli parve d’aver toccato il cielo. Lassù era un formicare da non potersi descrivere. Gli Alemanni sfilavano, tenuti un po’ in ordine dalle piattonate degli uffiziali; e le bestemmie dette tra i denti, rispondevano agli spintoni, che nelle strette si davano gli uni cogli altri. Una donna ritta, sola, colle braccia spenzolate, più lì per cadere di sfinimento che viva, stava a vedere quel passaggio. Giuliano nello scantonare verso il presbiterio, quasi la toccò, senza badarle; e fermandosi ansante in fondo alla scala di don Apollinare, gridò: «signor pievano!»

«Chi lo vuole?» rispose di dentro la voce dolce di donna Placidia.

«Mia madre! Lo mandi a casa mia, mia madre muore.

«Chi siete, che madre dite?

«La signora Maddalena...! Lo mandi col viatico...! C’è laggiù don Marco....

«Oh che caso, Maria Santissima, che caso! — esclamò donna Placidia; e si levò frettolosa dalla finestra, mentre Giuliano senza attendere risposta, diede di volta correndo, a rifare la sua via.

Di certo egli non intese un altissimo grido, che in quel momento mandò la donna, vista e non ravvisata da lui arrivando; perchè, anche occupato com’era di sua madre, per la pietà si sarebbe fermato a offrire aiuto. E allora avrebbe trovato Bianca, la povera Bianca, che finita la sfilata degli Alemanni, senza che suo marito comparisse; appunto mentre Giuliano aveva detto a donna Placidia che la signora Maddalena era morente; essa vedeva passare il cavallo del barone, menato a mano da uno degli ultimi ulani, che chiudevano quella fuga notturna. Indovinò da sè che l’Alemanno era morto; provò spavento di non sentirsi uccidere dal dolore; le rimorse di provare un senso, come di chi apre la braccia alla libertà; le parve di destarsi da un sogno, d’essere tor-