Pagina:Abba - Le rive della Bormida.djvu/418

Da Wikisource.

— 412 —


«Io no — rispose don Marco — sono un prete di C... e venni ieri con quel giovane medico che serve i vostri feriti.

«Oh! appunto... egli è di questo borgo, — soggiunse il generale fatto umanissimo: — e la sua casa qual’è?

«Quella là: — rispose don Marco additandola — ma la madre del povero giovane, è morta che sarà mezz’ora.

«Capitano, — disse il generale, volgendosi ad uno dei cavalieri, che aveva di dietro: — pigliate quella compagnia là che viene, e ponetela a far la guardia alla casa di quel valentuomo.» Il cavaliero si spiccò al galoppo, a eseguire l’ordine del generale, il quale non dando tempo a don Marco di ringraziare, proseguì: «signor curato, quella casa sarà sacra per noi: e codeste donne sono forse parenti del vostro amico?

«No — rispose don Marco — questa è la sposa d’un uffiziale di cavalleria Alemanno, che deve essere morto ieri.»

I Francesi si scopersero tutti il capo, guardando or Bianca pietosamente; ora uno dei loro compagni, che a quella novità si fece mestissimo. Egli era quel desso che aveva ucciso il barone. Ma di questo non si avvide don Marco, il quale stava paragonando tra sè con altrettanta mestizia, quei segni di rispetto dei Francesi, con quelli usati a Bianca dai compagni di suo marito: nè se n’avvide donna Placidia, che si tastava se era viva, non parendole vero d’essere dinanzi a quei mangiatori di carne umana, che non la facevano neanche calpestare dai loro cavalli: Bianca poi non era più il caso di badare a nulla, nè a vita nè a morte.

Intanto il generale, lasciato ad un altro uffiziale che servisse il prete e le due donne, in quel che loro potesse bisognare; mosse con tutta la brigata e salì in castello. Allora don Marco disse al cavaliero che egli aveva da ricondurre la giovane donna a suo padre,