Pagina:Abissinia, giornale di un viaggio di Pippo Vigoni, Milano, Hoepli, 1881.djvu/151

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Capitolo sesto. 107


Le giornate passano piuttosto noiose in questo soggiorno, per quanto si cerchi di occuparsi vedendo il poco che v’ha di interessante e raccogliendo particolari sugli usi e costumi del paese. Siamo intenti a ridurre il nostro bagaglio, limitando il numero delle casse e facendo queste di non più di una trentina di chilogrammi ognuna, perchè una mula possa resistere a portarne alla lunga due. Parecchie di queste sono occupate dai regali che a nome del Comitato milanese si dovranno presentare al re e ai capi che saranno con lui. Molte varietà di oggetti si possono regalare, ma in genere i più accetti sono le così dette camice, o cinque metri di tela, oppure per maggior lusso la stessa misura di velluto o stoffe di seta a colori vivaci: fiammiferi, candele, bottiglie a cipolla col collo allungato e colorate, armi, coltelli, parasoli, carta da lettera.

Spesso i nostri lavori sono interrotti da seccatori che vengono a domandar medicine perchè ammalati, a farci semplicemente delle visite a titolo d’amicizia, ma in fondo in fondo per curiosità, per domandare qualcosa in regalo, od almeno per bere un bicchierino di liquore, oppure per proporci a comperare qualche lavoro in argento, di che però pretendono tre volte il valore.

Faccio una visita a un tal Mercher, che avendo vissuto qualche tempo in India parla benino l’inglese ed è dragomanno del re. Abita un bel tucul, vasto, il cui soffitto è abbastanza ben fatto con travi, in modo da nascondere la paglia che costituisce il tetto. La forma di queste abitazioni, quando sono un po’ grandi e belle, all’interno è una perfetta croce segnata da muri: da uno dei rami si entra, al centro è sala da conversazione dove si sta seduti su pelli o tappeti, negli altri rami sono gli angareb per la notte, ed essendo l’esterno circolare, ne restano quattro angoli destinati a ripostiglio e scuderie.

Altra conoscenza fatta in questi giorni è quella del signor