Pagina:Abissinia, giornale di un viaggio di Pippo Vigoni, Milano, Hoepli, 1881.djvu/321

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Capitolo dodicesimo. 237

del corpo di ras Alula, si sono quasi tutti rifugiati nelle montagne.

Il 21 proseguiamo nella pittoresca vallata che sbocca in un vasto altipiano ondulato, attraversato il quale troviamo una gran discesa che ci porta nel fondo della valle presso dei depositi d’acqua, e qui ci fermiamo per riposo nostro e delle bestie, all’ombra d’un gruppo di giganteschi ficus. Circa le due ci rimettiamo in strada e dopo un paio d’ore, mentre si cammina nel letto del torrente, vediamo venirci incontro un arabo a mula, seguito da un buricco e da un servo.

Lo crediamo un impiegato di dogana, un ufficiale egiziano che viene ad ispezionare, ma mentre facciamo queste supposizioni ci troviamo dinnanzi il nostro bravo Tagliabue, completamente ristabilito, ingrassato, e sotto mentite spoglie. Da Adua si era spedito un corriere a Massaua, annunciando il nostro arrivo e pregandolo venirci incontro con qualche provvigione, e lascio immaginare con quanta gioia lo riabbracciammo tutti quanti. Si discende sempre lungo il torrente, spesso nel suo letto, qualche volta attraverso piccole alture, attorno alle quali le acque fanno le loro evoluzioni. Verso il tramonto ci fermiamo in un largo spazio detto Derassò, ai piedi della salita del monte Bamba. Tagliabue ci ha portato pane, vino, sardine, maccheroni, noi ammazziamo un bue che facevamo seguire per provvista, e così in poco tempo si prepara una cena come da qualche mese non avevamo più avuta.

Per evitare il caldo insopportabile del giorno e per accelerare, sperando arrivare al vapore egiziano a Massaua, ripartiamo alle due di notte: erta salita, poi forte e lunga discesa: strada pessima, poca luna coperta da nubi, quindi buio quasi perfetto e pericolo continuo di romperci il collo, ma l’orgasmo del rivedere il mare ci spinge e ci sostiene. Si segue sempre la stessa vallata che gira in mille direzioni per tendere in fine a nord-est,