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42 i - d’amore e desiderio

in atto insieme con una sola visione spirituale e chiarissima, per la quale si fa beato. Altri dicono che la beatitudine è quando nostro intelletto, illuminato totalmente da la coppulazione de l’intelletto agente, è fatto tutto attuale senza potenzia, e vede in se medesimo secondo sua intima essenzia intellettiva; ne la quale sono, e vede, tutte le cose spiritualmente e, in uno e medesimo intelligente, la cosa intesa e l’atto de l’intellezione, senza alcuna differenzia né diversitá di scienzia. Ancora questi dicono che, quando in tal modo il nostro intelletto è essenziato, si fa e resta uno medesimo essenzialmente con l’intelletto agente, senza restare in loro alcuna divisione o multiplicazione. E in questi modi ragionano de la felicitá i piú chiari de’ filosofi. E largo saria, ma non proporzionato al nostro parlamento, il dire quello adducono in pro e in contra. Ma quello ch’io ti dirò è che gli altri che piú contemplano la divinitá, dicono (e io con quelli insieme) che l’intelletto attuale, che illumina il nostro possibile, è l’altissimo Dio; e cosí tengono per certo che la beatitudine consiste ne la cognizione de l’intelletto divino. Nel quale sono tutte le cose primamente e piú perfettamente che in alcuno intelletto creato: perché in quello sono tutte le cose effettualmente, non solamente per ragione d’intelletto, ma ancor causalmente, come in prima e assoluta causa di tutte le cose che sono. Di modo ch’è la causa che le produce, la mente che le conduce, la forma che le informa; e per il fine che l’indirizza, son fatte; e da lui vengono, e in lui ultimamente ritornano come in ultimo e vero fine e comune felicitá. Ed è il primo essere; e per sua participazione tutte le cose sono. Lui è il puro atto; lui il supremo intelletto dal quale ogni intelletto, atto, forma e perfezione depende. E a quello tutte s’indirizzano come a perfettissimo fine; e in esso spiritualmente stanno, senza divisione o multiplicazione alcuna, anzi in simplicissima unitá. Esso è il vero felice. Tutti hanno bisogno di lui, e lui di nissuno. Vedendo se medesimo, tutti conosce; e, vedendo, è da sé visto. E la sua visione, tutto è somma unitá a chi il può vedere e, se ben non è capace, conosce di quello quanto è capace. E vedendo l’intelletto umano o angelico, se-