Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/123

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genera. Ed anco couvien paragonare quello che riceve alla madre, quello d’onde si riceve, al padre, e la natura ch’è infra loro, al figliuolo. E si avvertisca che dovendoci essere una effigie varia d’ogni varietà all’aspetto, non altrimenti quello dove s’istampa sarebbe apparecchiato bene per accoglierla, tranne quando non abbi nessuna forma di tutte quante le idee che sia per ricever da altrove; imperocchè se somigliasse ad alcuna delle cose che ci entrano, venendo le contrarie e di natura tutto diversa malamente si segnerebbe della loro stampa, perchè lascerebbe trasparire il suo viso. Codesta natura per tanto che da fuori dee accogliere nel seno suo tutt’i generi, dev’essere nuda d’ogni forma. Cosi come si fa per gli unguenti odorosi, che si procura con le industrie dell’arte di far dapprima schietto d’odori l’umor che dee impregnasi d’odore; così come quegli che pigliano ad improntar figura in una docile materia, non ci lasciano trasparire segno di figura alcuna, e pria la puliscono e la lisciano con la maggior diligenza. Or nella medesima maniera quello che deve spesse volte ricever bellamente in ogni parte sua le similitudini degli enti eterni, convien che sia per natura fuori d’ogni forma. Per ciò, la madre e il recettacolo delle cose generate visibili o in qualunque modo sensibili, non si dimandi terra, nè fuoco, nè acqua, nè checchesia delle cose che di loro nascono ovvero che le fanno; ma invece si dica una cotale spezie invisibile, senza forma, che riceve tutto, partecipe in un certo modo e dubbiosissimamente dell’intelligibile, difficilissima a comprendere, e dicendo