Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/161

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157 non la può niuno di questi due elementi. Usando di questa materia tornisce una sfera ossea attorno il cervello, e vi lascia uno stretto passaggio (cioè il forame dell’occipite) e fabbrica dalla medesima materia intorno alla midolla cervicale e dorsale le vertebre, e le distende l’un sotto all’ altro come cardini, cominciando dalla testa giù giù per tutto il cavo. E cosi per porre in salvo tutto il seme, lo munisce d’una ricinta petrosa, ponendovi articolazioni in grazia del movimento e della pieghevolezza, usando anche d’una sostanza della natura dell’altro, che messe in mezzo alle articolazioni (cioè della sinovia, umore articolare, il quale per essere liquido e perciò mobile ritrae della natura dell’altro o vero del variabile). Poi avvisando che l’osso di natura era più secco e più inflessibile del bisogno, e che, affocandosi e freddando di nuovo, esso si sarebbe guasto della carie e avrebbe tosto corrotto il seme che accoglie dentro, per tanto escogitò i nervi e la carne: i nervi (significano i legamenti) affinchè colligando tutte le membra, col distendersi o rilassarsi attorno la vertebre, curvassero o vero raddrizzassero il corpo; e la carne, affinchè fusse schermo da caldi e riparo da freddi, e anche dalle cadute, perciocché essa, come arnese di lana pigiata, mollemente e dolcemente s’umilia a’corpi, ed ha dentro un umore caldo che gemendo la state e irrorando di fuora diffonde convenevole refrigerio a tutta la persona, e di verno per questo suo fuoco ripinge modestamente il gelo che la circonda di fuori ed investe. Il fabbro del nostro corpo, considerate queste cose, avendo