Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/169

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l’aria e al suo entrare, e all’ uscire; e fe’ che ciò avesse a durare insinattantochè dura l’animale vivente: al quale apparecchiamento, chi pone i nomi, diciamo che pose il nome d’ispirazione e di espirazione. Or tutto codesto fare e patire avviene al corpo nostro, perchè esso irrigato e refrigerato si nutra e viva: conciossiachè il fuoco, ch’ è colligato (o vero intessuto) internamente, seguita il respiro, il quale viene dentro e va fuori; e così il fuoco discorrendo sempre per il ventre, al suo entrare (allorché ispiriamo) s’apprende ai cibi e alle bevande, e li scioglie e li fa a minuzzoli; e menandoli poi (allorché espiriamo) per le vie per dove egli esce, come da una fontana li deriva nelle vene come in canali, e cosi fa scorrere per il corpo i ruscelli delle vene come per una convalle.

Vediamo di nuovo la respirazione perchè sia riescita tale, qual’è presentemente. Ecco: stante che non c’è alcun vacuo dove possa entrare cosa che si muova, e l’aria da noi va fuori, manifesto è già ad ognuno che non va nel vacuo, ma spinge la prossima aria dalla sua sede; la quale, spinta, discaccia alla sua volta sempre l’altra aria vicina; e, secondo questa necessità, tutta l’aria essendo circolarmente rispinta nella sede d’onde usci il respiro, li entra, e la riempie, e segue al respiro: e tutto questo succede insieme come quando si gira una mota, imperocché non c’è vacuo. Perciò il polmone e il petto, mandato fuori il respiro, sono di nuovo ripieni