Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/32

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contenga l’essere, e l’essere, l’uno: inguisachè tutte, induandosi sempre, non son mai uno. Verissimo. E, in questo modo, 1' uno ente non sarebbe interminata moltitudine? Par che si. Tu vien di qua per anco. Per dove? Ecco: diciam noi che l’uno communica con l’essere, e che perciò è ente? Sì.E, per ciò, l’uno apparve molti. Sì. Ma che? il medesimo uno, il quale abbiamo detto che communica con l’essere, se il pigliam solo con la mente, senza l’essere, forsechè ci apparirà uno, o pur molti anch’esso? Uno, cred’io. Orsù vediamo: è mestieri diverso sia l’essere, diverso l’uno, se vero è che l’uno non è l’essere, ma ne partecipa solamente in quanto è uno? È mestieri. Laonde, se diverso è l’essere, diverso l’uno: l’uno, non perciò ch’è uno, è diverso dall’essere, nè l’essere, perciò ch’è essere, è diverso dall’uno; ma, per il diverso e l altro, son essi iscambievolmente diversi. È il vero.Onde, il diverso, non è il medesimo nè dell’uno, nè dell’essere. E in qual guisa? Or via, se pigliamo tra essi o vuoi l’essere e il diverso, o vuoi l’essere e l’uno, o vuoi l’uno e il diverso; quali d’essi pigli, non piglierai cotali cose, le quali istà bene chiamare ambedue? Come? Cosi: non di’ tu: essere? Sì. E, novamente, non di’ tu: uno? Anco. Non hai per ciò detto l’uno e l’altro? Sì. E quando poi dico io: essere e uno; forse non gli dico ambedue? È vero. Dunque, o dico io essere e diverso, o diverso e uno, e così seguitando, dich’io ambedue? Sì. Or quelle cose che dirittamente s’addimandano ambedue, è egli possibile siano ambedue,