Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/47

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diveniva più vecchio? ed ei non diveniva di sè più vecchio? Sì. E quel ch’è più vecchio, più vecchio è di più giovine? È. Per tanto l’uno è più giovin di sè rattochè, in divenendo più vecchio, s’abbatta all’ora? Di necessità. L’ora stassi con l’uno, infinoattanto ch’egli è, perciocchè è sempre ora, infinoattanto ch’egli sia. Come no? Adunque l’uno, sempr’è e diventa più vecchio di sè, e più giovine. Così pare. Or egli è e diventa di più tempo di sè, o veramente di uguale tempo? Di uguale. Ma divenendo ed essendo d’ugual tempo, ha la medesima età. Come no? E quel, che ha la età medesima, nè è più vecchio, nè più giovine. No. L’uno dunque divenendo e essendo d’ugual tempo di sè, nè è, nè diventa più giovin di sè, nè più vecchio. No, mi sembra. Che poi, inverso alle altre cose? E’che dich’io? Questo tu hai a dire che se esse dall’uno sono diverse sì, ma non già diverso, son più d’uno; perocchè se fossero diverso, allor sarebbero uno, ma essendo diverse, son più d’uno, e hanno moltitudine. L’hanno. Essendo moltitudine, partecipano di più numero che l’uno. Sì. E, circa al numero, di’ tu che i numeri più molti diventino e siano diventati prima, o i più pochi? I più pochi. Il pochissimo dunque prima, questo è l’uno: non è il vero? Si. Per tanto l’uno diventò pria di tutte le cose, le quali abbino numero: e tutte lo hanno, stantechè sono altre dall’uno, e non già un altro. Certo che l’hanno. Prima, stimo io, diventa quello ch’è pria diventato, gli altri dipoi: i diventati poi son più giovini di quello che divenne