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A mio padre 179

scintille dai tuoi grandi occhi, bramosa
di metter l’ale, e rattenevi a stento
la voce, quasi bisognando il labbro
pregante, di cantar alto le lodi
che dal cor t’erompevano. Rammento
che dalla chiesa uscendo all’aria, al sole,
se talun la parola a te volgea,
eri com’un che si risvegli in novo
paese, e ancora non ben desto, invano
fatichi a indovinar l’occulto senso
di straniero linguaggio. Ora tu posi!
Di pompe schivo, lunge dall’urbano
fasto, in campestre cimitero, o buono,
dormir volesti. Non opaca volta
d’augusto mausoleo sul sasso incombe
del tuo riposo nè gli vieta il dolce
sguardo del cielo che lo veglia. Intorno
ha vivi fiori; nell’aprile il vento
su vi passa fragrante e pia vi cala
la luna tra notturne ombre, a baciarlo;
e gli astri, i sospirati astri, dei lunghi
tuoi sguardi e delle lunghe estasi tue