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182      Aggiustare il mondo

anche un promemoria del fatto che sapeva che i suoi amici erano al suo fianco. Sam ha fatto ad Aaron una rapida panoramica della politica australiana; Aaron ha espresso stupore per la facilità con cui sarebbe stato possibile ‘conquistare l’Australia’, ma ha concluso che in un Paese di soli 20 milioni di abitanti probabilmente non ne sarebbe valsa la pena. L’autostima, inutile dirlo, non era, certo, un problema di Aaron. L’Aaron che conoscevo non aveva problemi a concentrarsi o a ricordare i dettagli. Fino alla settimana prima di morire, stava divorando tutta la letteratura scientifica che riusciva a trovare sulla tossicodipendenza e sugli interventi efficaci. Per essere chiari, non perché avesse problemi di droga (non beveva quasi mai alcolici), ma per un progetto di consulenza a cui stava lavorando per Givewell, la sua associazione di beneficenza preferita. Mi raccontò, con profonda eccitazione intellettuale, le sue conversazioni con i massimi esperti del settore, gli interventi che si erano dimostrati più promettenti per combattere l’alcolismo, le sue teorie, in via di sviluppo, su quali tipi di cambiamenti politici potessero essere politicamente più fattibili. Discutevamo dei costrutti culturali che permettono alla nostra società di trattare in modo diverso sostanze chimiche quasi indistinguibili come l’eroina e la morfina. L’Aaron che conoscevo aveva una profonda capacità di provare piacere nella vita quotidiana. Naturalmente aveva problemi con l’alimentazione, nell’ambito dei normali sintomi associati alla colite ulcerosa. Ma quando trovava del cibo veramente buono – o, se vogliamo, qualsiasi cosa veramente buona – ne godeva. Aveva un senso estetico finemente affinato. Riusciva a trarre una gioia più profonda e vera da un muffin di mais perfetto, da un arco narrativo brillantemente costruito dalla biografia di Robert Caro su Lyndon B. Johnson, da un bellissimo font, più di chiunque altro abbia mai conosciuto. E, forse, la cosa più impressionante è che ha mantenuto tutte queste qualità per quasi due anni, di fronte a una prova continua che minacciava di rovinargli la vita.

Nella parte finale del suo bellissimo ricordo, Taren conclude parlando di felicità e di dolore, di paure e di morte.

Aaron era umano – ricorda la sua ex compagna – non era felice in ogni momento e sarei la prima a dire che a volte poteva essere una vera sofferenza vivere con lui. Aaron poteva essere lunatico e introverso. Aaron aveva spesso forti dolori fisici allo stomaco. Aaron era duro con sé stesso (e altrettanto duro con gli altri). E, ovviamente, alla fine Aaron aveva tendenze suicide. Ma lo ripeto: la morte di Aaron non è stata causata dalla depressione. Questo è un punto importante, perché molte persone sostengono che lo sia stata e che la risposta appropriata alla sua morte sia un migliore trattamento della depressione e una migliore individuazione delle tendenze suicide. Questo Paese ha assolutamente bisogno di queste cose – Aaron sarebbe stato il primo ad essere d’accordo – ma ne abbiamo bisogno perché sono la cosa giusta da fare, non per quello che è successo ad Aaron. Non so esattamente perché Aaron si sia ucciso. Non so esattamente cosa gli passasse per la testa. Se avessi saputo queste cose l’11 gennaio, se avessi saputo anche solo le domande giuste da fare, forse avrei potuto fermarlo. Dall’11 gennaio, ci penso ogni ora di ogni giorno. Ma come mi ha ricordato in sogno Aaron, posso sapere solo ciò che già so. E con le conoscenze che ho – osservando, ascoltando,