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23. La riforma del sistema giudiziario     225


Lo stesso coinvolgimento, in questa vicenda, dei Secret Services fu estremamente significativo: fu il modo per portare il caso a un livello nazionale, esautorando in fretta la polizia locale del MIT e di Cambridge.

La normativa contestata – il CFAA – era lo strumento ideale in mano all’accusa per portare avanti una battaglia simile.

Si tratta, infatti, di una legge con ampi margini di interpretabilità, vaga e ridondante, applicabile sia in maniera morbida, sia in maniera aggressiva, a seconda della discrezionalità e dell’umore dell’accusa.

Fu Lawrence Lessig, tra gli altri, a parlare senza mezzi termini di bullismo legalizzato, che aveva perso di vista sia la natura del crimine, sia la proporzionalità della pena.

La divisione per i computer crimes di Boston si occupava, già allora, di casi di enorme importanza, come attacchi hacker dalla Russia e crimini finanziari di grande portata. Quello di Aaron era, obiettivamente, un caso bagatellare: il ragazzo era un “pesce piccolo”. C’erano le prove (la registrazione del sistema di videosorveglianza del MIT), c’era un ragazzo con un carattere particolare, c’erano le vittime che non lo volevano perseguire. Fu un attimo, invece, per l’accusa, trasformare un caso di questo tipo in una campagna di giustizia, e di politica, di rilevanza nazionale.

E il messaggio dell’amministrazione Obama arrivò, con il caso di Aaron, chiaro e forte: cari hacker, cari attivisti, cari guerrieri per la trasparenza, per la libertà dell’informazione, per la democrazia, sappiamo che avete le competenze tecniche per colpire il governo e le nostre reti, ma anche noi siamo in grado di spaventarvi e di colpirvi più forte.

Tanti anni dopo, nel marzo del 2021, finalmente la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America è intervenuta per “limare” in modo sostanziale il temibile Computer Fraud and Abuse Act dell’era Reagan, e lo ha fatto nel caso Van Buren.

Al centro della questione vi era l’interpretazione del reato di “accesso abusivo a un sistema informatico”, anche nel caso in cui l’utente accedesse a un sistema per il quale avesse autorizzazione all’accesso, ma travalicasse i termini e le condizioni del servizio. Davanti alla Corte Suprema, Van Buren contestò la vaghezza della norma e la criminalizzazione ingiustificata – e ingiusta – della semplice violazione dei termini di servizio di un archivio, e ottenne la revisione del suo caso.

La Electronic Frontier Foundation, in un suo comunicato all’esito dell’udienza, evidenziò l’importanza storica di questa decisione, forse un primo passo per una “demolizione progressiva” di questa norma tanto contestata.

Un ex agente di polizia della Georgia – si legge nel comunicato della EFF – ingiustamente condannato in base alla legge sulla frode informatica e l’accesso abusivo ai computer (“CFAA”), notoriamente vaga, chiede alla Corte Suprema di respingere un’interpretazione pericolosamente estensiva della legge. Nella causa Van Buren contro Stati Uniti, Nathan Van Buren è stato accusato di aver accettato denaro in cambio della ricerca di una targa in un database delle forze dell’ordine.