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AIDA.

Amonasro.

Pur rammenti che a noi l’Egizio immite, Le case, i tempii -e Tare profanò — Trasse in ceppi le vergini rapite — Madri — vecchi e fanciulli ei trucidò.

Aida.

Ah! ben rammento quegli infausti giorni!

Rammento i lutti che il mio cor soffrì—

Deh! fate, o Numi, che per noi ritorni

L’alba invocata dei sereni dì.

Amonasro.

Non fia che tardi — In armi ora si desta Il popol nostro — tutto pronto è già — Vittoria avrem — Solo a saper mi resta Qual sentiero il nemico seguirà.

Aida. Chi scoprirlo potria? chi mai?

Tu stessa!

Io!

Amonasro.

Aida.

Amonasro.

Radames so che qui attendi — Ei t’ama — Ei conduce srli Egizii — Intendi?

Col fuoco struggete Le nostre città — Spargete il terrore, Le stragi, le morti — Al vostro furore Pili freno non v’ha. ’

Aida.

Ah padre!

Amonasro. (Respingendola.) Mia figlia ti chiami!

Aida (Atterrita e suppliche^, le) Pietà!

Amonasro.

Flutti di sangue scorrono Sulle città dei vinti — Vedi? dai negri vortici Si levano gli estinti — Ti additan essi e gridano, Per te la patria muori

Pietà!

Aida.

Amonasro.

Una larva orribile

Fra l’ombre a noi s’afifaccia —

Trema! Le scarne braccia

Sul capo tuo levò —

Tua madre ell’è — ravvisala —

Ti maledice.

Aida (Nel massììno terrore). Ah no! — padre! —

Aida.

3rrore! Che mi consigli tu? No! no! giammai!

Amonasro (Respingendola).

Va, indegna, non sei mia prole, Dei Faraoni tu sei la schiava.

Amonasro. (Con impeto selvaggio.)

Su, dunque, sorgete Egizie coorti!

Aida.

Padre, a costoro schiava io non sono— Non maledirmi — non imprecarmi — Tua figlia ancora potria chiamarmi— » Della mia patria degna sarò.