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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/143

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cxxi
     Indi Amaso l’araldo fa venire
E che ’l tenga securo infino al giorno
Comanda dove al pascersi e dormire
Sia nel bisogno suo dolce soggiorno:
Poi gli sia fida scorta al dipartire,
Fin che nell’oste suo faccia ritorno.
Al fine egli e Tristano e gli altri vanno
A ristorarsi ancor del nuovo affanno.

CANTO XVI

ARGOMENTO

      Salda armatura più che d’adamante,
Su la qual scende ogni aspro colpo invano,
Indossa il rege Arturo; e Maligante
Grave ferita ha nella manca mano.
Contro il Britanno re trascorsi innante
Tanto son Palamede e Segurano,
Che se non v’han Tristano e il fier Boorte
Tratto ci venia dai loro brandi a morte.

i
Dell’oscura stagion la bianca aurora
Con le rosate man squarciava il velo,
Quando il gran re Britanno uscito fuora
Fa di trombe al romor tremare il cielo:
Ond’ogni cavaliero all’istess’ora,
Ogni ardito guerrier con chiaro zelo
Truova l’arme e ’l destriero, ogni buon duce
All’ordine primiero i suoi conduce;
ii
     E tal del suo furor l’alma ripiena
Il sanguinoso Marte ha di ciascuno,
Ch’ogni fosco pensier si rasserena,
Nè che tema il morir si vede alcuno.
Speran tutti in dolzor volger la pena
E ’n bel candido giorno il tempo bruno:
Chi a vendetta, chi a gloria e chi a guadagno
Sè medesmo conforta e ’l suo compagno.
iii
     Senz’ordine ciascun di vino e d’esca
Empie le voglie sue restando in piede
Perchè ’l vigor rinforze e ’l desio cresca,
Ch’al soverchio digiun sovente cede.
Or il troppo aspettar par che rincresca
A chi già il sol nell’oriente vede:
E ben mostrava il ciel com’egli adopra
Quando un suo disegnar vuol porre in opra.
iv
     Già per l’arme vestir domanda Arturo
Il suo sommo scudier, ch’era Agraveno,
Che col fabbro eccellente Caliburo
Quanto facea mestiero apporta a pieno.
Le solerette pria del più sicuro
Acciar che porti il Norico terreno
Gli arma di sotto i piedi, indi lo sprone
Ricco di gemme e d’or sopra gli pone.
v
     Il pesante schinier, che tutto abbraccia
Quanto l’osso primiero in alto ascende,
Di ben sicuri chiodi intorno allaccia,
Congiunto al ferro che ’l ginocchio prende,
Ritondo, curvo e tal che non impaccia
Quando indietro l’accoglie o innanzi stende,
Ch’anco piglia il coscial, che sopra stringe
E con serici nodi alto si cinge.
vi
     Poscia alla regia gola ha in guardia messo
Il saldo acciar, che non le noccia offesa;
L’uno e l’altro braccial gli loca appresso
Ove pria di lunette avea difesa,
Conserto sì, ch’ei non si senta oppresso
Se la lancia o la spada ha in guerra presa,
Ma che quelle crollar possa e lo scudo
Qual di tela coperto o tutto ignudo.
vii
     La possente corazza e fida al petto,
Che pare unque non ebbe, asiede intorno:
In cui scolpio l’artefice perfetto
D’argentato colore e scuro adorno
Tre lune tai quali al fraterno aspetto
Nel quarto del cammin fesser ritorno,
Intricate tra loro e cinte insieme
Sì che mostrin di fuor le corna estreme.
viii
     Di questa arme onorata gli feo dono
L’indovina Morgana sua sorella,
A cui fu mostro dal celeste trono
Come all’antica etade e la novella
Sopra quante altre insegne furo e sono
Tutto il favor devevan d’ogni stella
L’alme tre lune aver dal sommo Giove,
E nel gallo terren vie più ch’altrove.