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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/53

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liii
     Confortando così, tanto oltra passa
Che ’l prode Eretto in gran periglio truova,
Perchè parte è ferita e parte lassa
La gente sua che ’n vita si ritruova.
Or vedendo il figliuol congiunta e bassa
Al soccorso venir la schiera nuova
E ’l pio vecchio e magnanimo parente,
Gran dolcezza e dolor nell’alma sente;
liv
     E dice: O sommo onor de’ canuti anni,
O dolcissimo padre, e qual mia sorte
Rea vi conduce or qui tra tanti affanni
In rischio, a mia cagion, d’amara morte?
Troppo m’era il soffrir gli avuti danni
Sovra i cari compagni e fide scorte,
Senza che s’aggiungesse quel per cui
Mille vite darei, salvando lui.
lv
     Deh tornate, signor, poi che v’è stato
Amico il cielo in tale aita darme;
Ch’altra forza bisogna in questo stato,
Più integri difensori e più salde arme.
Rispose il vecchio re con volto irato:
Dunque vuoi tu, figliuolo, oggi privarme
Di quel ch’io bramo più, ch’è d’esser teco,
Per cui dolce m’è solo il mondo cieco?
lvi
     Lassami pur venir, chè poche notti
Ha in sua forza di me fortuna fera;
E i giorni a tanto onor fin qui condotti
Qual mai chiuder porria più degna sera?
Esser ben ponno a te troncati e rotti
Mille disegni, ch’hai l’etade intera;
A me il sepolcro sol puote esser tolto,
Che non fu da i migliori in pregio molto.
lvii
     Così detto va innanzi, e vicin truova
L’Allobrogo Alcitoo, di cui la testa
Percuote sì ch’a lei salvar non giova
Ferro ben saldo, che partita resta;
Poi vago d’acquistar vittoria nuova
Segue oltra a suo poter, nè mai s’arresta
Fin che truova Agastrofo e Peonide,
E de’ duoi questo impiaga e quello uccide:
lviii
     Perch’al primo passò la destra tempia
E tutta l’altra poi l’aguta spada,
Ma la fortuna sua men dura ed empia
Ebbe il secondo poi, che vuol che vada
Il colpo indarno, e non del tutto adempia
L’incominciata pria mortale strada,
Ch’entrò nel petto, e non andò sì adentro
Che potesse toccar dell’alma il centro.
lix
     Tale all’alto valor che ’n core avea
L’invittissimo vecchio allarga il freno,
Che quello stesso allora esser credea
Ch’al verde tempo, e di vigor ripieno;
E tanto oltra varcò che non potea
Ritrarsi indietro, ch’a’ nemici è in seno:
Nè sbigottito vien per questo o stanco,
Ma più che fosse ancor sicuro e franco.
lx
     Ma il giovin miserel, come s’accorge
In che stato dubbioso il padre sia;
Non più dogliosa appar, se ’l figlio scorge
Dentro all’onde cader, la madre pia,
Che qual può lagrimando aiuto porge
E chiamando ciascun che truva in via:
Tale er’egli in quel punto, e in alte grida
Tutti appella color cui più s’affida,
lxi
     Dicendo: Ora è, signor, quel tempo eletto
Nel qual fia guadagnar perder la vita
Per salute di quel dentro al cui petto
Ripose il ciel la sua virtude unita;
Nè possa esser già mai saputo o detto
Che fra sì altera gente e sì gradita
Fosse ucciso dell’Orcadi il re Lago
Senza ampissimo far di sangue un lago.
lxii
     E ’n tai chiare parole oltra si mise,
E ben seguito fu dagli altri suoi:
Ippologo, Difrono, Anero uccise,
Tutti Borgondi, e Sicofando poi;
Tal che la stretta schiera si divise,
La porta aprendo a’ valorosi eroi.
Così spingendo co i compagni appresso
Trovò il famoso re da molti oppresso;
lxiii
     E ’n tra’ primi Nabone ed Agrogero
Quasi del tutto all’ultimo suo punto
L’avean condotto, e bene avea mestiero
Che ’l soccorso di lui fosse ivi giunto.
Ma quando udì vicino il grido altero
Del carissimo figlio, fu compunto
Di tal dolcezza, che ripreso ardire
Rincominciò di subito a ferire,
lxiv
     Dicendo: Or vegg’io ben che da i leoni
Non usciron già mai damme nè cerve,
Nè bisogna al buon cor verga nè sproni
Perchè ’l dritto sentier d’onore osserve.
Non van con tal romor folgori e tuoni
Per l’aria errando alle stagion proterve,
Che ’l prode Eretto per la schiera avversa,
Che tutto il suo poter nel padre versa.
lxv
     Dona un colpo a Nabon, che più vicino
E con forza più grave il vecchio offende;
Ma fu d’ottima tempra e troppo fino
Il ferro che la testa gli difende:
Pur dal grave suo peso a capo chino,
Tutti smarriti i sensi, si distende;
Poscia in verso Agrogero il brando mosse
E ’l destro braccio in alto gli percosse,
lxvi
     Per cui gli fè cader la spada a terra.
Così impedito l’uno e l’altro duce,
Trïonfator della pietosa guerra
In securo sentiero il padre adduce.
Ma in questo mezzo si ristringe e serra
Gran gente, che di nuovo riconduce
Brunoro il Nero e ’l forte Gracedono
Con altri cavalier che ’ntorno sono;