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Pagina:Alamanni - Avarchide.djvu/69

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liii
     Sète antichi guerrieri, e non v’è ascoso
Che ’l gran valor conviene al gran periglio.
Fate a pruova fra voi chi più bramoso
Muova il suo ferro e con più allegro ciglio,
Certi che l’uom fugace e paventoso
Sempre del sangue suo torna vermiglio:
Il forte scampa, e con supremo onore
Vive in tra gli altri, e poi famoso muore.
liv
     Fermi il passo ciascuno, e solo intenda
A non muover già mai di loco il piede:
E se più non potrà, tanto il difenda
Ch’al fin morto di lui rimanga sede;
Se stesso a virtù sproni, e gli altri incenda
Che vinti dal timor vicin si vede
Con dir: - Chi cinge il ferro, cinga insieme
D’alte lodi acquistar desire e speme -.
lv
     Con tai voci arrestò l’invitto corno,
Ristretto in un con maestrevol arte:
In guisa che talor nel fosco giorno,
Quando inchinando il sol da noi si parte,
Folta nebbia veggiam ch’assiede intorno
Di monte alpestre alla più altera parte
Allor che Borea ed Austro ed Euro giace
Co’ suoi compagni in riposata pace.
lvi
     Già vien con largo passo Segurano
E ’n superba sembianza s’appresenta,
Dicendo: Or tragga fuor l’ardita mano
Chi quest’arme ch’io porto non paventa.
Indi una asta nodosa di lontano
Vibrando in aria tra’ nemici avventa;
Nè corse in van, ch’aggiunse Licomede
Che ’n mezzo alla Cornubia avea la sede,
lvii
     E del nobil Creuso era nipote,
Ricevuto tra’ suoi con sommo onore:
E nell’estremo al ventre gli percuote
Il mortal ferro, e ’l trapassò di fuore.
Cade inverso la piaga, e mentre scuote
Le braccia intorno e i piè languendo muore;
Ma pïetosi di lui Lico e Driante
Con voler del buon re si fanno avante.
lviii
     Eran questi fratei del sangue usciti
Del famoso e grand’Orcado Peloro,
Che poi regnando ne’ britanni liti
Fu possente tra lor di terre e d’oro:
Padre di Perifeo, che tra i graditi
Guerrier che a Pandragon più amici foro
Era il primiero, e questi cari e soli
Della bella Ippodamia ebbe figliuoli,
lix
     I quai nodrì nel gemino valore
Del ferro illustre e delle dotte carte;
Nè scerner si potea chi con più amore
Gli ricevesse in seno Apollo o Marte:
Chè per l’uno o per l’altro in sommo onore
Eran saliti altrove e ’n quella parte,
E di più d’uno alloro s’eran cinti
Di cavalier ch’aveano uccisi o vinti.
lx
     Or quai duo tigri giovini, ch’usati
Sien con la madre lor gregge assalire,
Che già d’esse più volte insanguinati
Senza la scorta poi prendono ardire
Contra i più grossi armenti e meglio armati
Di pastori e di can soletti gire,
Che da quei, più di lor sagaci e forti,
Sien col troppo voler battuti e morti;
lxi
     Tale allor questi due con Segurano
Ebber di pari ardir simil fortuna:
Ch’ad ambo insieme la spietata mano
La vita e ’l giorno in un momento imbruna.
Di questo getta il capo a lui lontano,
E quell’altro percuote ove s’aduna
L’ultima costa al suo sinistro lato,
E presso al pio fratello è riversato.
lxii
     Pianse il vecchio pietoso, quando scorse
La valorosa coppia a morte giunta,
E ch’alla giovin voglia non occorse
Di paterno dolor l’anima ha punta,
E quasi al vendicargli irato corse;
Ma in questo mezzo strettamente aggiunta
È l’avversaria già con la sua gente,
Tal ch’ad opra maggior piega la mente:
lxiii
     E rivolgendo il guardo in ogni loco
Pur i suoi nel bisogno riconforta,
Che nessun per timor molto nè poco
Al furor de i nemici apra la porta.
Ma il fero Seguran, ch’ardente foco
Negli occhi, nella mano e nel cor porta,
Sopra i primieri, ove col ferro aggiunge,
Quanti puote incontrar percuote e punge.
lxiv
     Truova che ’nsieme Amintore e Dinea
A quei che dietro son si fanno scudo,
I quai scampando altrui da sorte rea,
Hanno in sè riconverso il ferro crudo:
Perch’a l’un col poter ch’estremo avea
Passò la spada, come fosse ignudo,
Per entro il petto alla incurvata valle
Che nascosa in tra lor forman le spalle;
lxv
     Dinea fere alla fronte, dove appare
Assisa in mezzo la più larga vena,
E ’l fè col volto in alto riversare
E di sangue irrigò la pressa arena.
Segue oltra, ove più insieme riserrare
Vede la folta schiera, e sta ripiena
D’ostinato voler di morte certa
Pria che lassargli mai la strada aperta.
lxvi
     Ivi con più furor s’accampa allora,
E tutti i suoi miglior d’intorno accoglie.
Qual rapido torrente a cui talora
Il semplice cultore il corso toglie
E per altro cammin del vecchio fuora
Spinger il vuol, contrario alle sue voglie,
Ch’ove intoppo maggior traverso truova
Tanto più d’espugnarlo usa ogni pruova;