Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/112

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Che ci venne da Giove e nacque in Tebe;
Ma i superbi trionfi, i regni e l’oro,
Tanto onor, tanta gloria e tante lodi
265Ch’indi traesti allor, furon mortali:
Ma l’eterna memoria, il divin nome,
L’esser chiamato Dio, gl’incensi, i voti,
Il tirso, i sacrifici, il becco anciso,
I Satiri, i Silen ti sono intorno,
270Perché mostrasti a noi quel sacro frutto,
Quel sacro frutto che ciascuno avanza
Quanto il poter divin terrena cosa.
Se tu fussi tra lor venuto allora
Quando furo a quistion Nettuno e Palla,
275Non mi contrasti alcun che dal tuo solo
La dottissima Atene il nome avrebbe.
Chi potrebbe agguagliar con mille voci
L’infinita virtù ch’apporta seco
Il soave arbor tuo? ché di lui privo,
280Quasi vedovo e sol saria ciascuno.

La natura dell’uom, più saldo e vero
Non ha sostegno alcun, se questo prenda
Con misura e ragion tra ’l molto e ’l poco.
Quando più giri il ciel ventoso e fosco,
285Ch’Apollo è in bando, e le fontane e i fiumi
Son legati dal giel, e i monti intorno
Mostran canuto il pel, uccello e fera
Non si vede apparir, ché stanno ascosi;