Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/138

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Ch’egli han sommo piacer che ’l buon cultore,
Che sovente lor poi gli altari incende,
Fermi e sostegna l’innocente albergo;
E l’aratro e ’l marron, cogli altri arnesi
Che tragghin dal terren più largo il frutto,
105De’ famosi arbor suoi componga ed armi:
Ché questa è la stagion che ’l freddo e ’l ghiaccio
Han cacciato il vigor, constretto il caldo
Sotterra addentro all’ultime radici
Che d’ogni infermità dan lor cagione:
110E tanto più se della Luna il lume
Vedrà indietro tornarse, il cui valore
Toglie a Teti l’umor, non pur ai boschi.
Poiché tagliati avrà, sospenda al fumo
Quei che si denno armar di acuti ferri
115Da impiagar le campagne a miglior giorni.
Gli altri ch’a fabbricar capanne e tetti
Furo in terra abbattuti, alquanto tempo
Seccar gli lasce, e poi gli ponga in opra.
Ove non vegna umor, né scenda pioggia,
120Perché dolce e leggier, l’abeto è il meglio:
Posti dentro al terren, la quercia e ’l cerro
Più d’altri han vita; il popolo e l’ontano,
Sott’acqua, o presso al rio: coperto, il faggio
Molto incarco sostien: frassini ed olmi,
125Se lor togli il piegar, son duri e forti:
Ma il robusto castagno ogni altro avanza