Pagina:Alamanni - La coltivazione.djvu/36

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Ma ponga cura in ciò, ché questa suole
Vie più danno portar, seccando i campi,
Al non saggio arator, che spighe e strame;
Come la spelda ancor, ch’a lei s’agguaglia:
185Ma il magro monticel ch’inutil vegna
Ad ogni altro valor, per loro elegga.
Né men crudel ancor si sente il lino
A chi ’l riceve in sen: ma tal è l’uso,
Ch’io consiglio ciascun, ch’a forza il brami,
190E che seggio gli dia purgato e grasso;
Che non avendo ciò, sì basso e frale
Vien poscia e ’nfermo, che la fida sposa,
Le caste figlie sue vedrà piangenti
Aver al più gran giel la fronte aperta,
195E nel più sacro dì la mensa e ’l letto
Senza candido vel negletti e nudi.
La vermiglia saggina, il bianco miglio,
Il panico sottil, d’uccei rapina,
Lungo il chiaro ruscel, vicino al fonte
200Onde distille umor, la sede agogna:
E rivien da costor sì larga prole,
Ch’un poco seme gran ricolta ingombra.
Non basti al buon villan la sua sementa
Sparger nei campi, e leggermente poi
205Parte coprirne, e ritrovar l’albergo:
Ma la sposa, il fratel, le figlie insieme,
Colle sue marre in man, non lunge sieno