Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/177

Da Wikisource.

la fortuna di un uomo 163

noscerlo. Balzato a sedere sul letto, la fantasma si era dileguata súbito. Un’allucinazione senza dubbio. E la mattina dopo ne aveva riso. Ma la sera per precauzione non si era dato il disturbo di spegnere la candela. Ed ecco, a trarlo con freddo orrore del dormiveglia, ecco lo spirito entrare, avanzare adagio adagio, con lo sguardo doloroso e incerto; più vicino, più vicino....

Questa volta egli aveva messo un grido. E lo spirito, via.

Alla visione era seguito nel pensiero di Gaspare un raziocinio: forse quell’anima, non sentendosi da tempo più chiamare per mezzo del tavolino, veniva lei in cerca dello zio Giorgio; onde arguivasi che l’anima dello zio era andata da un’altra parte.

Ma continuerebbero quelle visite spaventevoli?

....Un’insania? Sciocchezze, che la scienza positiva deride?... Insomma, fosse pazzia o no, per tutta la notte non gli era stato possibile richiuder occhio; e conveniva evitare una malattia d’insonnia, e paure, angustie.

A tempo dunque venivano i sospetti dell’ingegnere. Confermandolo nella determinazione della notte, permettevano a Gaspare d’andarsene e di ridere de’ suoi terrori notturni.

Rimaneva una difficoltà. Luigi si rassegnerebbe ad abbandonar la casa ove era invecchiato e dove il padrone era morto?

Mentre Gaspare meditava, Luigi gli venne davanti con aria meditabonda.