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Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/205

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la fortuna di un uomo 191

chi, Luigi scoteva il capo, e ripeteva nel suo linguaggio:

— Povero padrone! Che «zuccata!» Oh che «zuccata» abbiamo avuta!

XII.

A chi non piacerebbe Milano? Ebbene, alla signora Bicci non piaceva. Una città, a parer suo, di bassa gente boriosa, idonea solo a mercare e in tutto sprovveduta del senso d’arte: bastava a convincerne l’architettura plebea e goffa, d’un fasto da parvenus. La Galleria? Un ridotto per i cantanti a spasso e le cocottes. Il Duomo?... Oh il Duomo d’Orvieto!

Quanto Erminia avrebbe preferita la mistica solitudine d’Orvieto al pandemonio di Milano! Una donna invero, Erminia Roccaforte, da fare un poeta, o un eroe. Suo marito, al contrario, si sentiva non più che un borghese pacifico nell’equilibrio delle sue facoltà; un ingegnere al Genio Civile; un uomo che aveva nome Gaspare, che si chiamava Bicci, e a cui Milano sembrava la più bella città del mondo.

Diversi i gusti, diversi gli animi. In breve la dimora a Milano fu causa e pretesto ai dissidi, dei quali per l’addietro la gelosia era parsa la sola cagione; in breve appicchi e ripicchi si acuirono. Che giovava a Gaspare l’arrendersi?