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la fortuna di un uomo 195


— Erminia, a te sembra una cosa da nulla quella che a me sembra una colpa grandissima. Un accordo tra noi due non è dunque più possibile; bisognerà venire alla separazione.

Erminia aveva alzati gli occhi a guardarlo impavida. Gaspare proseguì:

— A ogni modo, prima, interrogherò il cavalier Squiti....

Solo a quest’ultima parola Erminia impallidì, si fece seria; e quindi scoppiò in pianto dirotto, e cominciò a lamentarsi e a scongiurare:

— Hai ragione, Gaspare! Perdonami! Ti giuro che non lo farò più.... Mai più!

Fosse la soggezione e il tedio ch’ella sentiva, anche da lontano, del cavalier Squiti, o la paura di essere ancora condannata al clarinetto, il fatto fu che mai un marito ingannato ebbe la consolazione di veder pentita la colpevole come Gaspare vide Erminia, quella sera.

XIII.

Nè mai sarebbe stato così giusto il proverbio che tutto il male non viene per nuocere, se Erminia avesse seguitato a lungo nel buon mutamento. Riprese a uscire di giorno e di sera; riprese a discorrere e, grazie a Dio, senza litigare. Ma tanta felicità poteva durare un pezzo?

E sopravvenne di nuovo la noia nell’animo