Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/25

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il suicidio del maestro bonarca 11

dietro a ringraziare il pubblico, non vedeva che, volendo, tutte le signore dei palchetti, in isplendide toilettes, sarebbero state sue? Ma di fra le righe della necrologia gli venne la luce; afferrò la ragione della pietosa menzogna; si commosse fino alle lagrime.

Per la ragione stessa gli parve anche più nobile e felice la trovata del Radicale, che gli dedicava un articolo di due colonne.

. . . . . . 

               «Sposa selvaggia, addio!
               «Io morirò per te!

«Lui! lui!, il povero compositore, è morto per la sua sposa; e la sua sposa — noi lo sappiamo — era l’arte. Un artista tanto più è grande quanto più è grande il concetto che ha dell’arte sua. Povero Bonarca! Aveva appena colti i recenti allori e non ne godeva; ne soffriva anzi, perchè gli sembrava di non aver fatto nulla in confronto a ciò che fecero Rossini e Verdi, Beethoven e Wagner: a ciò ch’egli temeva di non poter fare! E la bell’anima seguendo la mente alata che volava alla gloria, su in alto, nell’armonia dei cieli, si è sbigottita, è caduta, è precipitata nel canal Torbo.

               «Io morirò per te!

. . . . . . 

Più breve, sebbene prodigo anch’esso di lodi, il Vero cattolico concludeva: