Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/265

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L’agnello.

Bèee....

Niveo bioccolo, con le quattro zampe legate in mazzetto; raccolto, dentro il canestro, nel giaciglio di erba ancor fresca, a quando a quando l’agnellino alzava il capo, che subito gli ricadeva come in un abbandono o in un esaurimento di disperazione. Allora sui miti occhi cristiani cadevano le palpebre; indi, ecco: languido languido lo sguardo sembrava cercar di nuovo la landa troppo presto perduta e di nuovo spegnersi a quel fervore di luce, mentre dalla gola riarsa e dal petto ansioso tornava l’invocazione della perduta madre:

Bèee.

Prorompeva il frastuono della musica; rombava, negli intervalli, il susurrio delle voci e lo scalpiccio della folla; e, per tutto, saluti, richiami, risa, sorrisi. Allegria.

Sempre triste, il professore Riccardo Biscaglia entrò nella sala. E allorchè, nell’avvicinarsi là dove suscitavano ammirazione i doni in mostra