Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/281

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il falcone 267

grosso errore, fino un’azione da ragazzo; e si provò a dimenticare. Non poteva: in che modo comparire al cospetto di madonna? E l’amore gli diè ragione; gli rinfocolò la fantasia; gli fece parer eroica la deliberazione presa. Quando furono a cercarlo disse: — Ho un gran peso qua — segnava lo stomaco — ; non potrò più mangiare. — E non si alzò.

Il giorno dopo madonna chiese del valletto. — Non ingoia nulla — risposero. Nè egli cedè ad alcuna preghiera o ammonizione. E il terzo dì una serva gli portò una tazza di latte appena munto, spumante, che faceva voglia, e un’altra un ovo ancora caldo. Ma chiudeva gli occhi e rifiutava. Anche, tardi, il maggiordomo fu a trovarlo e gli porse, dondolandolo per il gambo, un grappolo d’uva primaticcia con acini neri e grossi, vellutati da una bianca nebbiolina tra altri ancora rossi ed in agresto: egli lo divorò un momento con gli occhi, resistette e lo respinse.

Allora il maggiordomo venne dove madonna Ginevra, che quel giorno non cantava, ricuciva un vecchio saio, e mentre ordinava alcune cose per la stanza, quasi fra sè, il vecchio disse:

— Tornerà il padrone; ma non staremo allegri.

— Perchè? — chiese con simulata indifferenza la padrona.

Rispose l’altro: — Ugo morirà: non gli va giù neanche un granello d’uva.