Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/315

Da Wikisource.

in arcadia 301

inni e sonando, fra i doppi delle campane e lo scoppiar dei mortaretti, e fra l’ammirazione degli spettatori, la processione partiva dalla chiesa.

In questo mentre i due soli carabinieri venuti dalla stazione della Pieve erano corsi innanzi, all’angolo del bivio; e si eran messi là, immobili, di malavoglia. Ciò che stava per succedere e di cui tardi avevan avuta notizia e, più che interrogando, ascoltando le voci della folla, li teneva perplessi; maledicevano il Governo timorosi d’un disastro. Ma quando la processione giunse al bivio e sostò, non accadde che un po’ di subbuglio nel separarsi delle due parti e nel comporsi di ciascuna processione in capo alla propria strada. Alla prima, ubbidendo a Carlone, precedette uno dei lampadari per far le veci del crocifero o del portastendardo: súbito dopo si mise la prima «compagnia di San Martino»; poi i cantori e i suonatori; quindi la numerosa «compagnia di San Vincenzo», a cui seguirono, come preceduti da quella «guardia del corpo», il priore e Carlone con la corona dei fiori finti, e dietro la terza «compagnia» e il seguito delle donne e dei partigiani. Alcuni di questi s’abbandonavano a una commozione di riso; altri avevan le lagrime agli occhi. Un po’ a stento, eppur bene, si formò la seconda schiera: le figlie di Maria presero il posto delle «compagnie» dopo ai cantori e ai suonatori, e nonostante che il cappellano dicesse: — aspet-