Pagina:Albertazzi - Novelle umoristiche.djvu/75

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doni nuziali 61

non avesse compatito il nipote come uno che avendo preso moglie aveva perduta la testa, e se Gustavo non si fosse corretto subito:

— Un cognac, almeno...?

— Bevo di rado cognac... Grazie.... Un’altra volta, caro. Addio! riverisco! addio! Stiano bene.... tutti! — E con un nuovo inchino e un: — Evviva gli sposi! — quel Tarabusi se ne andò.

.... La colazione nondimeno procedè benissimo. Vini e liquori dissiparono ogni ombra dall’anima della sposa, rapirono allo sposo il ricordo dello zio e dell’ingrato conte; avvivaron giocondità e malizia nelle giovani donne; suggerirono motti agli uomini, e bei racconti. Quando, d’improvviso, squillò il campanello. Chi mai?

Alla Gigia era sobbalzato il cuore. E Gustavo correva alla porta gridando:

— Il conte! — Un telegramma forse?..., o il regalo?... — Il conte!... — Il conte.... senza dubbio!

— Oooh!... — fecero tutti, vòlti al facchino dell’agenzia che veniva a deporre una cassetta.

— Viva il conte! — Su la cassetta era scritto fragile; la sposa vi teneva lo sguardo smorto.

— Presto! un martello, un coltello! — Con una lama da interporre alle assicelle del coperchio Gustavo tornò dalla cucina; mentre il testimone socialista gridava: