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24 Adolfo Albertazzi


mai! mai! Non sei, tu, che un signorino, un ricco! — E aveva nella voce il disprezzo di chi accusa una brutta azione. — Già! perchè avete dei soldi, molti soldi, voi signori, voi ricconi, vi credete lecito tutto: ogni indelicatezza, ogni sopruso, ogni usurpazione di affetti, di cose care! Ma ci sono delle cose che non si vendono, che non si comprano! Tientelo a mente, giovinotto mio!

Diego Tarelli aveva lui pure sangue romagnolo nelle vene; nondimeno si contenne. Riflettè che aveva a fare non solo con un mezzo matto o un matto intero, ma con lo zio di Elena. E borbottava delle scuse.

— Non credevo d’offenderla... Mi scusi... Mi perdoni...

— Che scusare e perdonare! Vattene e buon giorno!

— Sì! Buon giorno!

Il giovinotto se ne andò chiudendo di colpo la porta.

E il signor Prospero si accasciò su la seggiola.

— È lui! — mormorava —. È lui l’innamorato di Elena!

Bella lezione, però, gli aveva data!

Tale lezione, infatti, tale innamorato che appena fu fuori Diego Tarelli temè il crollo della sua felicità in causa di quel matto zio e di quel benedetto e maledetto cane; e corse alla Congregazione dal signor Adelmo Marzioli a chiedergli la mano della figlia.