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La passione d’un gentiluomo veneziano | 141 |
lui pregava il Signore: anche accettava e gli mandava piccoli doni.
Ma Alvise non viveva lieto, nè la promessa di lei, che «se è vero che di là più che di qua vi sia amore, e si ami, esso mio spinto in cielo vi godrà», gli arrecava bastevole conforto; avrebbe voluto tornare a discorrere con lei.
Lei temeva nella dimanda ostinata un’insidia, e disperando che l’amore di lor due rimanesse «giusto, fedele e onesto» com’era incominciato, minacciò Alvise di rifiutare le sue lettere. «Conosciuta la vostra disonestà, mi sono spogliata di quell’amore ch’io vi portava...».
E lui, disperato: «Già che tanto vi piace che dal mondo mi tolga, son contento di soddisfarvi. E per ciò mi risolvo, colla prima occasione, d’andar in luogo tanto lontano che secondo il desiderio vostro finisca i miei giorni» .
Finalmente madonna Vittoria, pentita e impaurita, un giorno l’accolse in casa. Fu quello il giorno della colpa. E da quel dì in avanti le lettere di madonna Vittoria si seguirono piene di amarezza, di tristezza profonda.
Dopo ciascuno dei gioiosi convegni essa piangeva.
«Come foste partito mi gettai nel letto e con gli occhi del corpo (benchè col pensiero a voi) mi addormentai: indi a poco svegliatami e ritrovatami senza di voi, cominciai a piangere sì forte che s’io non mi fossi nascosta sotto la piega del letto,