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186 | Adolfo Albertazzi |
— Le avete fatto coraggio? — ho chiesto alla cuoca.
— Sì. Le ho detto: — quel signore che è qui vi vuol presto nel prato a conversare con lui.
— E lei?
— Ha voltato la testa, ha ficcato la faccia contro il cuscino, per pianger piano...
27 luglio.
Dimani la voglio fare, la mia visita di pietà. La voglio fare! La debbo fare! A ogni costo.
28 luglio.
Oggi è domenica, e l’inferma ha avuto altre visite e parole di consolazione; attimi, forse, di speranza. Tra gli altri che son venuti a trovarla c’è stata la nipote vedova, quella avida dell’eredità, e a vederla si direbbe una buona donna; ma che non fa il bisogno? Essa, che è sorda e sorride come i sordi, ha rotta la consegna di non avvicinarmi; è venuta a chiedermi se sto bene, per susurrarmi che l’ammalata sta male. — Male! male! Non camperà una settimana. Il dottore non capisce niente.
31 luglio.
Anzi il dottore ha capito subito la mia intenzione. Alla dimanda: — È molto peggiorata? — , s’è prima stretto nelle spalle, significandomi che