Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
20 | Adolfo Albertazzi |
Lo zio palpitò; volse lo sguardo intorno; e non fiatò.
— Sono qui dall’uscio! M’ascolti! Una parola, zio!
Egli non fiatò; non si mosse.
— Io le sono tanto affezionata, e lei non mi risponde nemmeno! Cosa le ho fatto, io?
Ma a questo punto Top, il quale giaceva nel cantuccio vicino alla civetta, tese gli orecchi, si alzò, precipitò all’uscio; e drizzato su due piedi contro di esso, si mise ad abbaiare e a guaire affettuosamente.
— Ah Top! il mio Top! Tu sei buono! Diglielo tu allo zio che è cattivo, che mi fa soffrire!
Cattivo? Soffrire? Era un’ingiustizia! un’infamia! Lo zio non ci resse più. Esclamò, ironico:
— Soffri, eh, perchè ho levato il collare a Top?
Poi, con sarcasmo per lei e per sè medesimo:
— A far all’amore non potrebbe servirti, in cambio, il buco di una serratura?
Nessuna risposta. Non s’udì più che il vario vocìo dei richiami. E Top tornò ad accucciarsi vicino alla civetta.
IV.
Non molti giorni dopo, mentre stava aggiustando gli staggi a una rete, il signor Prospero udì battere alla porticella di strada e chiedere forte: