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72 Adolfo Albertazzi


nell’aspetto. Allora riprendevano fede e pensavano guatandosi l’un l’altro: — Mio caro, come siete brutto, oggi! Se non mutate usanza, tocca a me cantarvi una requiem!

Ma la consolazione non durava; tornava presto il dubbio, il sospetto, l’apprensione. E a poco a poco provarono il bisogno di sfogarsi, convinti, come erano, che ogni tentativo dell’uno per condur l’altro al suo metodo riuscirebbe vano.

Presero a contraddirsi, a polemizzare; insistenti, caparbi. Le dispute diventarono presto diatribe; e per non mostrarsi deboli cedendo, quando uno era messo alle strette, insolentiva; e l’altro ribatteva.

— Sissignore!

— Nossignore!

— E io vi dico di sì!

— E io vi dico di no!

— Con voi non si ragiona. Ostinato più d’un mulo!

— E voi? È inutile consumare con voi il ranno e il sapone!

Non tacevano finchè non dicevano a un tempo:

— Basta! — Basta!

E Ceccuti prendeva e leggeva (senza occhiali) il giornale o il libretto delle spese quotidiane, e Boldrighi con la punta del bastone imprimeva su la sabbia la fisionomia di un asino (senza occhiali) e ci faceva sotto un bel C affrettandosi però a cancellare il disegno prima che l’amico se ne avvedesse.