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Pagina:Albertazzi - Vecchie storie d'amore, 1895.djvu/214

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200 il polso


matica quel giorno era il sí: trasse un breve sorso dalla boccettina che l’amico le accostò alle labbra, e respinse tosto la mano dell’amico.

Ma — Che sguardo febbrile! — disse questi prima ch’ella riabbassasse le pálpebre; e sedutosi a lato di lei e recatosi il cedevole braccio di lei su le ginocchia, con le due prime dita ne cercò il polso attentamente.

Toc... toc... toc...: nelle arterie, che rigavano d’una trama azzurrina la bella carne bianca, il sangue perveniva dal cuore pulsando all’avambraccio in misura placida ed uguale.

— Chi l’avrebbe detto ierisera? (il conte riprendeva il cammino). Corgnani giurava di perdere a tarocchi perché lo costringevate a guardarvi, tanto eravate leggiadra; Travasa sostenne d’avervi ravvisata a Versailles in una procace figurina di Boucher o di Fragonard; Terenzi proclamò che niuna dama di Parigi saprebbe ballar meglio di voi il paspié. E ristando, per prudenza: — No — disse — non avete febbre —. Pure, come piú d’una volta aveva profittato dell’emicrania per tenere a lungo nelle sue una mano della dama,