Pagina:Albertazzi - Vecchie storie d'amore, 1895.djvu/47

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il leardo. 33


perdendosi nel fondo fitto; non un uccello cantava allegro; e la sposa sentiva così enorme il peso della sua sventura che non aveva forza di piangere e le mancava il respiro. La cavalcata procedeva triste. Nel cielo, sopra, la nuvolaglia si addensava a poco a poco e dinanzi l’aria si rabbuiava sempre piú, quasi annottasse: però alcuno della scorta, interrogato il tempo, proponeva di tornare indietro.

— Siamo a mezzo viaggio: avanti! — dissero gli altri. E la sposa, smarrita nel suo dolore enorme la considerazione delle cose, non vedeva e non udiva; non udiva che ripercuotersi nel cuore il passo uguale del leardo: Raimondo! Raimondo! Raimondo!

Già un rombo sordo passava per le nuvole imminenti: cavalieri e dame incitarono destrieri e palafreni e con paura tentavano di ridere. — Povera sposa! L’acquazzone la coglieva per la strada! — Infatti l’intemperie cominciò a risolversi in gocce grosse e rade e poi in un’acqua dirotta, crosciante, fragorosa. Nel fondo livido i lampi guizzavano e s’inseguivano tra gli alberi