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192 i libri della famiglia

la parte tua, questi se ne portassino la loro, che stimi tu, potresti meglio scaldarti o peggio?

Lionardo. Peggio.

Giannozzo. Così accade nella famiglia. Molte cose sono sufficienti a molti insieme, le quali sarebbono poche a pochi posti in distanti parti. Altro caldo arà l’uno pell’altro fra’ suoi cittadini e fra gli strani, e altro lume di lode e di autorità conseguirà chi se truovi accompagnato da’ suoi per molte ragioni fidati, per molte ragioni temuti, che colui, il quale sarà con pochi strani o senza compagnia. Molto più sarà conosciuto, più e rimirato il padre della famiglia quale molti de’ suoi seguiranno, che qualunque si sia solo e quasi abandonato. E voglio testé favellare teco come uomo più tosto pratico che litterato, addurti ragioni ed essempli atti all’ingegno mio. Io comprendo questo, che a due mense si spiega due mappe, a due fuochi si consuma due cataste, a due masserizie s’adopera due servi, ove a uno assai bastava solo uno. Ma io non ti so bene dire quello che io sento; pur stima che io ti dico il vero. A fare d’una famiglia due, gli bisogna doppia spesa, e molte cose delle quali si giudica per pruova meglio che dicendo, meglio si sentono che non si narrano. Però a me mai piacque questo dividere le famiglie, uscire e intrare per più d’uno uscio; né mai mi patì l’animo che Antonio mio fratello abitasse senza me sotto altro tetto.

Lionardo. Da lodarvi.

Giannozzo. Sì, Lionardo mio, sotto uno tetto si riducano le famiglie, e se, cresciuta la famiglia, una stanza non può riceverle, assettinsi almeno sotto una ombra tutti d’uno volere.

Lionardo. O parola degna di tanta autorità quanta è la vostra! Ricordo da tenerlo a perpetua memoria. Sotto uno volere stiano le famiglie. E dipoi, Giannozzo, quando ciascuno fosse in casa, dimanderebbono da cena.

Giannozzo. Vero. Però si dia ordine che possino desinare e cenare, Lionardo mio, al tempo e molto bene.

Lionardo. Cenare bene, posso io intendere pascersi di buone cose?