Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/213

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libro terzo 207

gamente bene gli tratterei, e studiare’mi farli amorevoli a me e alle cose mie.

Lionardo. Così mi pare certo necessario avere grande diligenza in scegliere e’ fattori bene buoni, e ancora avere non minore diligenza in non gli lasciare piggiorare, e ancora quanto dite molto bisogna essere diligente in farli di dì in dì amorevoli e studiosi delle cose vostre.

Giannozzo. Molto, e sai come? Conviensi prima da più persone domandarne, avisarsi delle condizioni loro, informarsi de’ costumi, porre bene mente che usanze, che maniere siano le loro.

Lionardo. E per fattori quali a voi piacerebbono più, o gli strani o pure e’ vostri della casa? Perché spesso vidi fra mercatanti farne non piccolo dubio. Eravi chi diceva potersi meglio vendicare e valersi con più facilità da uno strano che da uno della sua propria famiglia. Altri stimava gli strani più essere ubbidienti a’ maestri e più suggetti. Altri parea non volesse ch’e’ suoi fossero in tempo per venire in tale fortuna che potessino tôrsi il primo grado e occupare l’autorità e luogo di chi governa. E così erano varie le loro opinioni.

Giannozzo. Quanto io, Lionardo mio, mai chiamerei fattore, ma più tosto nimico mio, e non vorrei tra’ miei domestici quello uomo da cui aspettassi vendicarmi; né apresso comprendo per che cagione io dagli strani dovessi più essere riverito che da’ miei, quantunque da’ miei a me più parrebbe onesto accettarne benivolenza e amore che obedienza e servitù; né io stimo meno essere utile alle faccende la fede e diligenza di quelli quali ci portino amore, che sia la subiezione di chi noi tema; e non reputo degno di buona fortuna, né meritare autorità, né doversi grado alcuno a colui al quale sia molesto l’onore e felicità de’ suoi; e a me potrà parere stultissimo colui, il quale stimerà senza favore e aiuto de’ suoi mantenersi in dignità o in felice alcuno stato. Credete a me, figliuoli miei, che di questo mi ramenta infiniti essempli, quali per più brevità non riferisco; credete a me, niuno può durare in alcuna buona fortuna senza spalle e mano degli altri