Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/259

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libro terzo 253

premio, adombreranno teco, strazierannoti, per farti rompere in qualche detto o risposta onde e’ piglino loro scusa a nuocerti, e sempre cercheranno male finirti; e dove possano in molti modi nuocerti, ivi ti fanno peggio.

Adovardo. Adunque sarò per vostro consiglio prudente. Fuggirò ogni pratica de’ signori, o, acadendomi con loro qualche traffico, sempre domanderò, o domandato cercarò dar loro quanto manco poterò.

Giannozzo. Così farete, figliuoli miei, e più tosto fuggirete ogni lusinga e fronte d’ogni tiranno, e questo vi troverrete utilissimo.

Adovardo. Agli amici?

Giannozzo. Che domandi tu? Ben sai che con l’amico si vuole essere liberale.

Lionardo. Prestare, donare loro?

Giannozzo. Questo bene sapete. Ove non bisogni, a che fine vorresti voi donare? Non perché e’ t’amino, già che sono amici. Non perché e’ conoscano la liberalità tua, già che non bisogna. Niuna donazione mi pare liberalità, se non quando il bisogno la richiede. E io sono di quelli el quale più tosto voglio amici virtuosi che ricchi. Ma ancora io mi diletto più d’avere amici fortunati che infortunati e poveri.

Lionardo. Ma all’amico che posso io, domandandomi, negarli?

Giannozzo. Sai quanto? Tutto quello quale e’ dimandasse disonesto.

Adovardo. Ne’ bisogni, credo, non sarebbe disonesto domandare allo amico qualunque cosa.

Giannozzo. Se a me fosse troppo sconcio fare quanto chiedesse l’amico, perché devessi io più avere caro l’utile suo che lui il mio? Ben voglio, a te non resultando troppo danno, presti all’amico, in modo però che, rivolendo il tuo, né tu entri in litigio, né lui ti diventi inimico.

Lionardo. Non so quanto voi massari mi loderete, ma io all’amico sarei in ogni cosa largo, fidere’mi di lui, prestere’li, donare’li; nulla sarebbe tra lui e me diviso.