Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. I, 1960 – BEIC 1723036.djvu/9

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PROLOGO



Repetendo a memoria quanto per le antique istorie e per ricordanza de’ nostri vecchi insieme, e quanto potemmo a’ nostri giorni come altrove così in Italia vedere non poche famiglie solere felicissime essere e gloriosissime, le quali ora sono mancate e spente, solea spesso fra me maravigliarmi e dolermi se tanto valesse contro agli uomini la fortuna essere iniqua e maligna, e se così a lei fosse con volubilità e temerità sua licito famiglie ben copiose d’uomini virtuosissimi, abundante delle preziose e care cose e desiderate da’ mortali, ornate di molta dignità, fama, laude, autoritate e grazia, dismetterle d’ogni felicità, porle in povertà, solitudine e miseria, e da molto numero de’ padri ridurle a pochissimi nepoti, e da ismisurate ricchezze in summa necessità, e da chiarissimo splendore di gloria somergerle in tanta calamità, averle abiette, gittate in tenebre e tempestose avversità. Ah! quante si veggono oggi famiglie cadute e ruinate! Né sarebbe da annumerare o racontare quali e quante siano simili a’ Fabii, Decii, Drusii, Gracchi e Marcelli, e agli altri nobilissimi apo gli antichi, così nella nostra terra assai state per lo ben publico a mantener la libertà, a conservare l’autorità e dignità della patria in pace e in guerra, modestissime, prudentissime, fortissime famiglie, e tali che dagl’inimici erano temute, e dagli amici sentiano sé essere amate e reverite. Delle quali tutte famiglie non solo la magnificenza e amplitudine, ma gli uomini, né solo gli uomini sono scemati e disminuiti, ma più