Pagina:Alberti, Leon Battista – Opere volgari, Vol. II, 1966 – BEIC 9707880.djvu/143

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LIBRO II


Qual convenga in noi essere premeditazione e instituzione d’animo per escludere e proibire da noi ogni perturbazione vedesti nel libro di sopra, e credo ti satisfece. Vedesti con quanta brevità e’ ti raccolse molta copia d’ottimi ricordi e sentenze de’ nostri maggiori uomini stati prudentissimi e sapientissimi in vita. In questo libro vedrai in che modo, se forse già fussi occupato da qualche merore e tristizia, o da qualche altro impeto e agitazione d’animo, possi con ragione e modo espurgarla e restituirti ad equabilità e tranquillità d’animo e di mente. Qual cosa accadde che Agnolo Pandolfini, omo eruditissimo e disertissimo, disputò insieme con Niccola di Messer Veri de’ Medici, omo fra’ primi litterati in Toscana non postremo, e fra’ non ultimi umanissimi el primo in cui sia coniunta molta prudenza con molta affabilità. E cadde la cosa in questo modo, che la mattina dopo a’ ragionamenti di sopra, Niccola e io eravamo nel tempio nostro massimo stati ad onorare el sacrificio, e vedutoci insieme ne accogliemmo per salutarci. Erano con Agnolo due messi da’ magistrati massimi. Adunque giunto a noi Agnolo ci salutò e disse: — Questi mi chieggono e instanno ch’io salisca su in Palagio a consigliare cogli altri padri la patria e curare el ben pubblico. Sia della mia volontà e de’ miei studi cognitore e testificatore Dio immortale e gli altri abitatori e moderatori del cielo, come cosa niuna tanto mi sta ad animo né tanto mi siede in mente quanto di conservare e amplificare l’autorità, dignità e maiestà della patria mia insieme colla utilità e pregio di ciascuno privato buon cittadino. Ma che perversità sarà la nostra se noi chiamati a consigliare ci converrà dire non quello che forse a noi parerà utile, onesto e necessario